#sport e management
Sport e management sembrano così diversi, eppure abbiamo sentito parlare molte volte di questo parallelismo. Perché infatti non credo ci sia molta differenza. Proviamo a pensare cosa c’è nello sport: un obiettivo, delle regole, l’allenamento. Chiediamoci quindi cosa c’è nelle vostre aziende, nelle vostre associazioni o nella vostra attività.
Un obiettivo? Sì, ce lo abbiamo! Primo punto in comune con lo sport.
Le regole?
Abbiamo anche delle regole. Esistono regole istituzionali, ovvero le leggi dettate dallo Stato. Ma esistono regole ancora più personali, e per questo profonde. Regole stabilite da noi stessi. E attraverso che cosa le stabiliamo? Attraverso i nostri valori, perché i valori sono le regole con cui noi vogliamo giocare quella partita che è il nostro business.
L’allenamento?
Ci alleniamo tutti i giorni? Per cosa? Per affermare il nostro ruolo, il ruolo che abbiamo scelto all’interno dell’organizzazione, all’interno della nostra azienda. L’importanza di avere chiaro il nostro ruolo ci permette di allenarlo, e quindi di rafforzarlo. Io sono convinta che qualche volta non adempiamo al nostro ruolo, ma andiamo a sostituire quello di un altro. Peraltro senza neppure conoscere bene di che ruolo si tratti. Nello sport una cosa simile non può succedere, perché? Perché la squadra è costituita da ruoli ben definiti… ma?
Nel Rugby ciascuno ha il proprio ruolo, e non si può giocare quello di un altro. Sapete che le regole del rugby prevedono che se in una mischia i piloni sono infortunati, la mischia non venga fatta? Perché quello dei piloni è un ruolo troppo importante, persino pericoloso. E se non lo sai fare bene, se non sei allenato a farlo, non puoi farlo. In tal caso si fa una mischia che si chiama contact
Possiamo allenarci solo quando abbiamo chiaro dove vogliamo andare, come vogliamo andarci e cosa possiamo fare.
#honestycall
Sapete qual è una delle cose più importanti che mi ha insegnato il rugby? Mi ha insegnato che non ci sono alibi. A fine partita, o a fine allenamento, ai ragazzi viene chiesto come sono stati, come hanno giocato, come si sono sentiti. C’è chi dice di essere stato presente, chi sostiene di aver lavorato duramente, chi è sicuro di aver dato il meglio di sé. Un po’ come può essere chiesto ad ognuno di noi alla fine di una riunione o di un incontro di lavoro. L’honesty call è un’analisi oggettiva, perché il coach mostra il video dell’allenamento o della partita in questione. Si crea quindi l’occasione per fare i conti con quella che è la percezione avuta dalla nostra azione e quelli che sono i fatti, con obiettività. Una sorta di grande fratello che riprende ogni cosa, e lascia poco spazio all’interpretazione soggettiva individuale. Questo permette di migliorare se stessi e iniziare ad allenarsi concretamente: se agisco e mi alleno posso sperare un giorno di giocare senza commettere errori, se non agisco spreco un’opportunità.
#partita
In media si calcolano circa 144.000 secondi di allenamento, per giocare una partita che ne dura 4800: una proporzione di 1/3000, ne vale la pena? Certamente! Perché è solo con l’allenamento che posso preparare la mente, la tecnica e il fisico.
Anche noi giochiamo tutti i giorni una partita. Magari si tratta di una visita da un cliente, magari di una riunione, magari di ciò che ogni giorno facciamo nel nostro ruolo. Ma quanto siamo abituati a prepararci?
Spesso lo diamo per scontato, spesso ci facciamo trascinare dall’abitudine di averlo sempre fatto. Anche i rugbisti lo hanno sempre fatto. Iniziano a giocare più o meno a 8 anni una partita a settimana, immaginatevi quando arrivano a 23/24 anni quante partite hanno giocato! Ma se vuoi fare bene qualcosa ogni volta devi giocare come se non avessi mai giocato. L’abitudine è il nemico numero uno dell’eccellenza.
Quante volte abbiamo affrontato i nostri 80’, da veri rugbisti? Beh, abbastanza. Eppure quante volte li abbiamo preparati nel modo giusto? Forse un po’ meno di quanti ne avremmo potuti preparare.
L’analisi, lo studio, l’allenamento e la capacità di focus sono le chiavi del successo nello sport. Come nel lavoro.
#difendi la palla
L’essenza del rugby sta tutta in questo: difendere la palla fino a portarla in meta. Ma per avanzare io posso passare la palla solo indietro, ed ecco dunque perché quando si parla di rugby si parla di squadra! La regola del passaggio avvalora la squadra. La squadra che deve essere concentrata sulla palla, che deve essere vicina al compagno, che non deve mai perdere il focus. Come giocatore non devi perdere il contatto visivo, non puoi essere troppo distante dai tuoi compagni. Ecco, in questo c’è l’essenza di lavorare in un team. Nel rugby come nel mondo professionale, da soli non si può andare da nessuna parte.Noi oggi ne siamo la testimonianza, riunendoci qui perché sappiamo che insieme possiamo fare molto di più. Perché contiamo l’uno sull’altro.
#onora la maglia
L’orgoglio, il senso di appartenenza, il rispetto per ciò che si è scelto. Senza questo oggi non si riesce a fare la differenza, e la differenza viene fatta col comportamento. Tra i racconti dei ragazzi delle Zebre, ce n’è uno che porterò sempre con me. Qualche anno fa, uno dei giocatori degli All Blacks, a fine carriera, è andato a giocare nelle Zebre Parma. Dovete sapere che negli spogliatoi a fine partita viene messo un cesto per raccogliere le divise da gioco usate, notoriamente poco pulite. I ragazzi si spogliarono, e gettarono la loro maglia nel cesto. L’ex giocatore degli All Blacks si tolse la maglia, la mise per il verso giusto, e la appoggiò ordinatamente nella cesta.
Rispettare l’azienda, rispettare i valori oggi è fondamentale. Le aziende migliori sono quelle fatte di persone che hanno sia competenze eccellenti che un alto allineamento ai valori comuni. Puntiamo dunque ad essere una di quelle persone, per creare in azienda lo spazio favorevole per permettere a tutti di raggiungere questo livello.
Un’organizzazione vincente è un ambiente di sviluppo personale in cui ogni individuo si assume le proprie responsabilità e ne condivide il possesso.