Smart working e Agility Coaching

Come il coaching può essere supporto per la nuova organizzazione

A causa della pandemia, anche le persone di una certa età e ormai in pensione  sanno cosa significa “lavorare in smart working”.

Durante l’emergenza Covid-19 abbiamo toccato i 6,58 milioni di lavoratori agili, tanto che gli imprenditori si stanno chiedendo se continuare con il lavoro da remoto a tempo pieno o parzialmente. Ma soprattutto, se farlo diventare ormai parte del modello organizzativo.

Alcune imprese stanno firmando accordi aziendali per lasciare la possibilità di lavorare in smart working. 

Altre utilizzavano questa forma già prima della pandemia e sono pronte a continuare verso questa direzione. Sembrerebbe che la strada vada verso la stesura di un protocollo a livello Nazionale.

La riflessione nasce spontanea. Nel momento in cui lo scenario vissuto non rappresenta affatto quello che veniva definito smart working, di fatto ci siamo ritrovati in una situazione di emergenza, non programmata né pianificata, forzata in attesa di una fine.

La realtà è cambiata non per un processo spontaneo o cambio di prospettiva, bensì per una “forzatura”. Questo vuol dire che è stato tutto, fuorché un processo innovativo.

Sono  stati semplicemente utilizzati gli strumenti, già in nostro possesso, ma potenziati limitatamente a quelle che sono state le esigenze del momento.

Ma allora come dovrebbe essere lo smart working? In Italia questa modalità di lavoro a distanza è arrivata con la definizione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, LEGGE 22 maggio 2017, n. 81 , “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

Il testo riporta che si tratta di:“una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

Quali sono i principi chiari dello smart working?

  1. Flessibilità per quanto concerna l’orario di lavoro. La persona può gestirsi la giornata come meglio crede, purché chiaramente porti a termine i suoi compiti ed effettui le effettive ore di prestazione, previste da contratto.
  2. Autonomia nello svolgimento delle propria attività. Questo implica tutto quello che vi ruota attorno, nell’organizzazione e nella programmazione del lavoro. Compresi gli strumenti da utilizzare e degli spazi dove operare.
  3. Fiducia tra imprenditore e subordinato in merito all’adempimento dei vincoli contrattuali per ambo le parti. Questo vuol dire che  il collaboratore mantiene il suo impegno nello svolgimento dei processi orientati al conseguimento degli obiettivi aziendali. Ma al contempo  il datore di lavoro ne rispetta i diritti, come sospensione delle attività per malattia e permessi necessari per soddisfare dei bisogni personali.
  4. Responsabilizzazione dei collaboratori, che dovendo in maniera indipendente raggiungere i risultati, lo fanno in piena coscienza di quelle che sono le azioni adottate.
  5. Collaborazione tra colleghi, anche a distanza, e con il datore di lavoro soprattutto sulle necessità a sorgere per la modalità di svolgimento del lavoro stesso.
  6. Ottimizzazione degli strumenti di lavoro per facilitare le attività svolte e concluderle in modo efficace.

Ma non è oro tutto quello che luccica. Il periodo di pandemia ha evidenziato bene quali possono essere le conseguenze per uno smart working approssimativo, senza una vera e propria pianificazione.

Quali sono le conseguenze di uno smart working fatto con approssimazione?

Innanzitutto il distacco fisico dal luogo di lavoro e dai colleghi può portare ad un isolamento e ad una interruzione delle competenze che si acquisiscono sul campo.                                   Inoltre lo stress da lavoro correlato può aumentare a causa di una reperibilità che viene richiesta h24. La persona è raggiungibile con i sistemi tecnologici, e proprio il fatto di usarli in continuazione può portare al cosiddetto “tecnostress”.

Infine non è da sottovalutare il fatto che la casa diventa il luogo in cui tutto si svolge. Vita privata e vita lavorativa, si svolgono all’interno delle stesse stanze, creando come una sorta di continuità tra le due senza che ci sia mai un vero stacco dal lavoro. Per questo è consigliabile separare gli spazi in modo definito e concentrarsi su sé stessi una volta adempito ai propri compiti.

Cos’è l’Agility coaching e come può un Agile Coach supportare il team in Smart working?

L’Agile coach guida l’impresa ad essere “Agile“, occupandosi di più team contemporaneamente, del Management e degli altri Stakeholder. Sostiene il lavoro per obiettivi, i progetti, l’organizzazione per processi e lavora molto sulla comunicazione ed assertività. Il coach fornisce continuamente feedback e dà indicazioni sulla strada da percorrere e a quali obiettivi puntare.

Alcuni benefici derivanti sono:

  • Valori condivisi e focus sul cliente;
  • Attività di pianificazione al fine di escogitare le migliori soluzioni;
  • Auto – organizzazione delle persone;
  • Team orientati per progetti in corso e successivi;
  • Servant leadership, per aiutare tutti a centrare gli obiettivi e migliorare le performance.

                                                                                                              Articolo a cura di Maria D’Auria

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